Nessuno si salva da solo
DI SILVIA ZUCCHINI
Papa Francesco ci ha abituato a prendere coscienza della relazionalità quale condizione umana fondativa e ontologica.
Vivere fino in fondo la nostra relazionalità spinge a farci responsabili gli uni degli altri.
‹‹Impariamo dal Signore, che ci ha salvati svuotando se stesso (cfr. Fil 2,7), facendosi altro: da Dio uomo, da spirito carne, da re servo. Invita anche noi a “farci altri”, ad andare verso gli altri. Più saremo attaccati al Signore Gesù, più saremo aperti e “universali”, perché ci sentiremo responsabili per gli altri. E l’altro sarà la via per salvare se stessi: ogni altro, ogni essere umano, qualunque sia la sua storia e il suo credo.››
Relazionalità e responsabilità sono intimamente connesse e da queste non possiamo prescindere se desideriamo percorrere una strada di salvezza
Questo è uno degli orientamenti, quello cattolico, che anima il gruppo Uno-Uniti Nell’Oltre che da tre anni a Bologna si confronta sui temi del lutto, della sua rielaborazione e della prospettiva oltre. I componenti sono uomini e donne che, riconoscendosi in diversi cammini di fede o di spiritualità laiche, hanno scommesso su un progetto che si apre alla condivisione delle singole sensibilità religiose e spirituali.
Un progetto che non ha precedenti in Italia: riconfigurare in chiave interreligiosa e laica un piccolo cimitero sulle colline bolognesi, nel paese di Borgo San Pietro, comune di Ozzano
Le fasi preparatorie del lavoro hanno visto alcuni fedeli delle chiese cristiane, del mondo islamico, del mondo ebraico e aderenti ad associazioni laiche impegnati in un dialogo che si può definire letteralmente costruttivo: non condotto su temi astratti e neppure su riflessioni teologiche o filosofiche, quanto piuttosto sulla conoscenza reciproca volta a trovare quella cifra dell’umano che crea legami.
«Riconoscersi tutti appartenenti alla grande famiglia umana», spiegano l’ideatori del progetto Enrico Lesca e Valentina Ciardelli, «significa trovare luoghi di condivisione dell’unico percorso umano che ci accomuna pur partendo da sentieri spirituali differenti, ricordando che la Terra ci è madre, ci nutre e ci accoglie».
Gesuiti di Villa San Giuseppe e Cvx di Bologna insieme
Membri da tanti anni della CVX Shema’ Israel di Bologna, Valentina ed Enrico hanno coinvolto da subito i gesuiti di Villa S. Giuseppe e gli amici della loro CVX. Questi ultimi non hanno mai fatto mancare la fattiva collaborazione nella diffusione del progetto e nella organizzazione degli eventi a esso collegati, primo fra tutti le camminate che si tengono ogni anno per radunare coloro che partecipano a vario titolo alla sua realizzazione.
Il desiderio di riconfigurare il cimitero sulle colline del Parco dei Gessi (recentemente dichiarato Patrimonio Unesco) come luogo di sepoltura per i propri cari, che sia segno di inclusione al di là delle differenti appartenenze religiose e filosofiche, ha trovato subito accoglienza nell’Amministrazione comunale di Ozzano. Per la progettazione architettonica e la riqualificazione del sito, il gruppo Uno si è rivolto alla Facoltà di Architettura di UniBo dove Andrea Ugolini, professore di Conservazione e Restauro e il paesaggista Filippo Piva hanno accolto la sfida.
Un obiettivo “visionario”
Insieme agli studenti e alle studentesse del quarto anno di Architettura, nel 2022 hanno messo sul tavolo un progetto che illustra quali scelte architettoniche risultano essere utili per recuperare la memoria del piccolo cimitero rurale che presenta segni di forte abbandono e decadimento.
L’obiettivo è visionario, come lo ha definito Ugolini.
«L’azione di conservazione non è sinonimo di congelamento, ma è dare un nuovo senso ai manufatti, restituendoli alla collettività affinché i luoghi possano tornare a vivere.»
«La presenza della Natura è il comune denominatore per tutte le religioni e le spiritualità e diviene elemento fondante e imprescindibile di questo progetto», aggiunge il paesaggista Piva che si è occupato della parte arborea del sito: l’area verde in prossimità del cimitero è infatti luogo deputato ad accogliere la dispersione delle ceneri e l’affidamento della memoria del defunto a un albero d’elezione.
I futuri architetti, prima di disegnare il progetto, hanno svolto un workshop per approfondire il tema del rito funebre e del commiato relativo a ciascuna religione o associazione e hanno percorso a piedi uno dei tanti sentieri che si snodano tra i calanchi del Parco dei Gessi per lasciarsi permeare dal paesaggio, accogliendone le suggestioni da armonizzare poi con le esigenze specifiche di ciascuna fede religiosa.
Un sito, quello del cimitero, in evidente stato di abbandono e degrado: le sue strutture sono quasi totalmente crollate e le piante hanno ricoperto parte dei manufatti
La condizione di precarietà del cimitero non può non aiutarci a riflettere sulla condizione umana di fragilità: assumerla consapevolmente permette di farci carico della cura di noi stessi e degli altri, mantenendo la coscienza del luogo che stiamo abitando, che richiede anch’esso azioni di cura.
Il concetto di fragilità richiama l’immagine di un bicchiere di vetro andato in frantumi e irrimediabilmente inutilizzabile: se così la intendiamo difficilmente potremmo immaginare possibilità di ricostruzione. Viceversa, se mettiamo in campo le nostre capacità relazionali, possiamo trovare proposte responsive e creative, in grado cioè di creare nuove condizioni di possibilità di fioritura dell’umano.
La proposta architettonica per il piccolo cimitero interreligioso e laico si inserisce nel solco segnato da Papa Francesco con l’Appello di pace del 2020 in Campidoglio
‹‹C’è una “architettura” della pace, nella quale intervengono le varie istituzioni della società, ciascuna secondo la propria competenza, però c’è anche un “artigianato” della pace che ci coinvolge tutti. A partire da diversi processi di pace che si sviluppano in vari luoghi del mondo, abbiamo imparato che queste vie di pacificazione, di primato della ragione sulla vendetta, di delicata armonia tra la politica e il diritto, non possono ovviare ai percorsi della gente. Non è sufficiente il disegno di quadri normativi e accordi istituzionali. […] Inoltre, è sempre prezioso inserire nei nostri processi di pace l’esperienza di settori che, in molte occasioni, sono stati resi invisibili, affinché siano proprio le comunità a colorare i processi di memoria collettiva››.
La fragilità così assunta e ricomposta può aprire una strada verso l’Uno, inteso come luogo in cui si dipanano relazioni costitutive dell’unica natura umana.
‹‹Così lieviterà la consapevolezza che ci si salva soltanto insieme, incontrandosi, negoziando, smettendo di combattersi, riconciliandosi, moderando il linguaggio della politica e della propaganda, sviluppando percorsi concreti per la pace››, questo l’invito del Papa contenuto nell’Appello di pace.
Dunque, la voce delle singole comunità religiose e laiche prenderà forma nella nuova configurazione del cimitero, ma si innalzerà anche da un sentiero di 20 km, tracciato di recente con la collaborazione del Cai, che attraversa i crinali del Parco da Casola Canina a Borgo San Pietro. Lungo il percorso, infatti, sono stati individuati dei punti-tappa che, con una panchina e un leggio, offriranno a chi cammina una preghiera, un canto, una riflessione significativa per ciascuna comunità. Per chi volesse saperne di più: cimiterino.wordpress.com