La rete ignaziana della solidarietà: Amalia Sanfilippo (JSN)
INTERVISTA A CURA DI ALESSANDRA PERRICONE
L’appuntamento è per una domenica mattina, il resto della sua settimana è occupato dall’esercizio della libera professione di medico, seguita a quasi quarant’anni di lavoro in ospedale come anestesista. Ma si dà il caso che la domenica in questione sia anche la Giornata mondiale dei poveri e che Amalia Sanfilippo si dedichi da tempo alle attività del Centro Astalli di Palermo dove, ben oltre la mera prescrizione di farmaci, accompagna nel percorso di cura tanti migranti.
Incontrarci quindi per questa chiacchierata sul Convegno tenutosi il mese scorso a Reggio Calabria, a vent’anni dalla fondazione del Jesuit Social Network (JSN), francamente non mi sembra una coincidenza. Decido così di stravolgere la mia scaletta e cominciare dalla persona che ho di fronte.
Dagli Astalli al JSN: ci parli di questo passaggio nella tua vita?
Sulla carta un semplice atto burocratico con cui, insieme a un’altra persona, sono stata eletta a rappresentare il Sud Italia nel Comitato Direttivo della Rete, di cui tutti i Centri Astalli fanno parte. Più in profondità, però, inserire i temi della migrazione nell’attuale contesto italiano di povertà diffusa diventa forse una nuova prospettiva, un’interpretazione più autentica della realtà.
Insomma, non solo migranti, come sembrerebbe invece dirci certa informazione?
La questione migranti è evidentemente gestita come uno specchietto per le allodole, un capro espiatorio rispetto a temi gravissimi quali l’abuso di sostanze, la disoccupazione, o, più in generale, il degrado morale, inteso come perdita di valori che caratterizza ormai la nostra società. E non vedo un progetto filosofico, una visione che possa guidare le Istituzioni in passi concreti per affrontarli – a partire dalla scuola dove l’insufficienza degli investimenti porta a maggiore povertà nonché all’incapacità di leggere la realtà per quello che è. In tal senso, le associazioni continuano a svolgere un ruolo vicariante rispetto allo Stato.
In effetti, questo rapporto tra Terzo Settore e Istituzioni ha rappresentato una parte consistente del Convegno. È emerso qualcosa di specifico dalle relazioni e dai lavori di gruppo?
È stato fatto riferimento alla Legge 326, secondo cui i rappresentanti del Terzo Settore sono ammessi a partecipare ai tavoli di concertazione attivati dai vari livelli di Governo per sviluppare progetti e relative richieste di fondi a sostentamento di attività precise. Si tratta di un legame con le Istituzioni che va incoraggiato, dobbiamo entrare in questo ordine di idee per farci presenti pur mantenendo il nostro stile, quello della promozione umana.
Che, tuttavia, sappiamo essere lo stile anche di altre associazioni che operano nel sociale. In che cosa, allora, quello del JSN, il nostro stile, si distingue da altri?
Rispondo con le tre parole chiave, indicate nella sua relazione al Convegno dalla Presidente, Paola Piazzi: vigilanza e profezia (essere sia sentinelle di ciò che avviene intorno a noi, sia portatori di segni), comunità (da soli non si può fare niente), abitare i luoghi (fare proprio il luogo dove si svolge l’attività) ovvero – nella sintesi della politologa Chiara Tintori – occhi (per guardare la realtà), cuore (per farsene carico) e mani (per mediare in modo tangibile tra sguardo, desiderio e azione).
Tra tutte, forse la parola meno presente nella narrazione di molti di noi è profezia. Puoi dirci qualcosa di più per aiutarci a inquadrarla nel contesto?
Intanto già la sede del Convegno è il risultato di una scelta profetica. Reggio Calabria e il Sud in generale ospitano realtà che, all’interno del JSN, vivono condizioni particolarmente difficili e il Direttivo ha voluto dare al territorio il segno di una presenza concreta.
La Cvx locale, inoltre, ha una storia decennale di attenzione al sociale e la loro calorosa accoglienza è stata pari al loro desiderio di lavorare in rete. Ma l’elemento profetico, inteso come segno di un possibile percorso virtuoso in un raggio d’azione più ampio, è parte integrante delle nostre attività soprattutto di formazione. Ad esempio, le scuole di cucina e di falegnameria avviate al Centro Astalli di Palermo hanno prodotto cooperative che ora operano nel contesto della città o formano i nuovi apprendisti del Centro.
Restiamo allora nella formazione. Il Convegno a Reggio Calabria ha lanciato un piano formativo per gli operatori del JSN: di che si tratta e in che modo si inserisce nella celebrazione del ventennale?
Il titolo “Iniziatori di un nuovo futuro – vent’anni di storia del Jesuit Social Network” era già piuttosto eloquente rispetto alla volontà di affiancare una visione prospettica al ricordo del passato.
Tuttavia i lavori hanno rivelato il desiderio di dare continuità alla spinta iniziale dei fondatori, quella spiritualità ignaziana allora collante delle attività svolte nel sociale da realtà con una matrice condivisa.
Dalla fondazione in poi, infatti, l’apertura all’inclusione che il concetto stesso di rete auspicava, ha evidentemente comportato una contaminazione che, per quanto positiva, rischia ora di oscurarne la natura. Da qui la proposta formativa per quanti vi operano, una vera sfida se si pensa alla difficoltà di rendere fruibile a chi è privo di quel retroterra l’elemento spirituale.
Certo, per essere incarnata pienamente, l’impostazione teorica, piuttosto robusta, dovrà essere aggiustata alle singole realtà, ma sarà comunque la prima volta che alla spiritualità ignaziana incarnata nel sociale viene data una struttura formativa. Una sfida nella sfida…
E di sicuro un impegno ulteriore per tutti noi che, in alcuni casi, in quella spiritualità ci siamo cresciuti. Perciò vorrei concludere come abbiamo iniziato, cioè parlando di te. Come vivi il rapporto tra una vita attiva tanto intensa e la dimensione dello Spirito?
Considero l’amore la vera cifra del cristiano. Nel mio caso specifico, so che, in quanto medico, promuovere l’altro in modo concreto implica, tra l’altro, il sacrificio di assistere alla sua sofferenza, ma so anche che il concetto di cura è alla base del mio essere cristiana.
A volte, al Centro Astalli, mi capita di arrivare nel momento della prima colazione offerta a migranti e poveri del quartiere. E quando vedo la carità attenta con cui gli ospiti sono accolti, nel rispetto della loro dignità, mi fermo a contemplare quello che ai miei occhi appare come la realizzazione del Regno. Decisamente le parole di S. Ignazio “essere contemplativi nell’azione” sono quelle che meglio descrivono il mio sentire.
Per l’ultima domanda vado più sul personale: accade lo stesso nella professione o in famiglia?
Mi viene in mente una frase di Papa Francesco: “la realtà è sovrana”, che poi ricorda l’impostazione degli Esercizi Spirituali. Il desiderio di altro rispetto a ciò che abbiamo lo proviamo tutti ed è legittimo, ma dobbiamo imparare ad agire sempre per il bene a partire dalla realtà, quella vera.