Intervista a Paolo Monaco: spiritualità condivisa da un’articolata famiglia ignaziana
DI ALESSANDRA PERRICONE
In questi giorni, a Palermo, si è sentito parlare di spiritualità ignaziana in modo nuovo, come se una brezza leggera fosse venuta a soffiare su antiche conoscenze e copiose esperienze, per liberare entrambe da un velo di polvere tanto sottile quanto inevitabile.
È stato quindi paradossale, e particolarmente significativo, vedersi ricondurre alle fonti di quella spiritualità, per trovare la vera base di rinnovamento del modo ignaziano di essere cristiani e posizionarci così con una prospettiva sempre nuova nella nostra vita personale e relazionale, per poi continuare, ogni volta ri-contestualizzando, a guardare la Storia con quegli occhi.
Tutto questo è avvenuto grazie alla visita in Sicilia di p. Paolo Monaco S.I., direttore del Centro Ignaziano di Spiritualità, con cui la Cvx di Palermo si è incontrata sia in riunioni dedicate che in occasione del XXXII Convegno ignaziano, il cui tema: “S. Ignazio e le donne” ci riporta appunto a un possibile cambio di sensibilità all’interno della Chiesa, oltre che all’interesse espresso di recente dalla nostra Comunità Mondiale.
Lo scambio che segue esprime il desiderio di condividere, attraverso le parole di padre Paolo Monaco, questo vento leggero che potrebbe scardinare in noi qualche abitudine incancrenita rendendoci più attenti all’aria che tira…
Che cos’è il Centro Ignaziano di Spiritualità (Cis) e che relazione concreta può esserci con la Cvx?
La rete Cis è un’opera della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù che si occupa della promozione della spiritualità ignaziana e degli Esercizi Spirituali in Albania, Italia, Malta e Romania. La relazione concreta con altre realtà ignaziane, come la Cvx, potrebbe favorire la valorizzazione di alcune capacità ed esperienze.
Ti riferisci al fatto che più membri delle nostre comunità sono guide di gruppi Evo (Esercizi nella Vita Ordinaria)?
Certamente, ma non soltanto, perché alcuni danno Esercizi anche in altre modalità. Nella Cvx sono infatti presenti, sul piano specifico della spiritualità, competenze maturate con l’esperienza, benché forse non ancora messe del tutto a frutto a favore del popolo di Dio. Eppure, potrebbero trasformarsi in un servizio – penso in particolare all’accompagnamento spirituale – al pari dell’apostolato di tipo sociale che in questi anni vi ha visti operare nelle diverse forme di periferia del mondo di oggi.
Quindi ti riferisci a una spiritualità ignaziana non necessariamente orientata agli Esercizi?
Mi riferisco, anche in seguito a incontri con alcuni di voi e non solo a Palermo, all’ipotesi che al canale della formazione per diventare guide di Esercizi Spirituali si possano associare altre forme di servizio nella spiritualità ignaziana, come l’affiancamento alle guide negli Esercizi, il sostegno ai centri di spiritualità o forme di accompagnamento spirituale per singoli, nonché coppie e famiglie. Certamente, previa un’opportuna formazione e dopo aver vagliato attitudini personali.
Come mai questa sottolineatura proprio adesso? C’è un motivo specifico?
Oggi il bisogno di essere accompagnati spiritualmente si percepisce in modo netto. Il Papa ne parla a più riprese ormai da tempo, e in tutta la pastorale attuale della Chiesa si avverte l’importanza di rispondere a un’esigenza tanto sentita. Basti pensare a quanti parroci lamentano l’assenza, tra i propri parrocchiani, di persone a cui poter affidare questo servizio.
Prima citavi, oltre al singolo generalmente considerato soggetto per antonomasia di un accompagnamento, anche coppie e famiglie. Puoi dirci qualcosa di più?
Negli ultimi anni si sono sviluppati gli Esercizi per famiglie che hanno coinvolto centinaia di persone in tutta Italia. È una realtà in fermento, attraversata da grande dinamismo e che coinvolge altri Istituti e Comunità di radice ignaziana presenti sul territorio con cui mi sembrerebbe ora particolarmente opportuno collaborare. Penso alla Comunità Chemin Neuf, presente ad Altavilla Milicia, vicino Palermo, e in varie parti d’Italia. Dobbiamo, cioè, provare ad attivare un circolo virtuoso all’interno della famiglia ignaziana che inneschi e al contempo rilasci desiderio e interesse, dimenticando inutili campanilismi.
Oltre a questa forma di accompagnamento spirituale (ad extra), si potrebbe intendere il servizio anche come rivolto ai propri compagni di comunità?
Forse nelle città dove vivono più comunità Cvx. Per ragioni di prudenza e libertà di comunicazione non mi sembrerebbe opportuno accompagnare persone della propria comunità. In ogni caso sarebbe necessaria una formazione specifica anche per seguire le indicazioni della Chiesa sull’accompagnamento ed evitare a tutti i livelli possibili abusi spirituali più o meno consapevoli. L’abuso è un fenomeno che richiede alle realtà ecclesiali un esame sincero e un cambiamento di abitudini, regole, ecc. Nessuno è immune da questo pericolo.
A proposito di questo, possiamo quindi dire che tornare alle fonti è il solo modo di vivere una spiritualità ignaziana rinnovata come ci chiede la Chiesa?
Ritrovare il fondamento comune di tutte le realtà che compongono la famiglia ignaziana, ovvero la nostra spiritualità, significa in effetti riconoscere il vincolo spirituale che ci lega in quanto dono personale singolarmente ricevuto e che sostiene le diverse forme in cui esso si incarna (famiglie, associazioni, istituti, ecc.). Non si tratta di fare l’abito di Arlecchino mettendo insieme i vari pezzi (qui, le nostre diversità), ma di sperimentare insieme la visione ignaziana che ci unisce in comunione, incontrandoci, ascoltandoci e avviando processi di discernimento. Anche la Compagnia di Gesù sta facendo suo questo concetto.
Cosa dobbiamo aspettarci?
Un progressivo cambiamento del nostro paradigma identitario, che parta anzitutto dal riconoscersi depositari di un dono comune. Dobbiamo, cioè, prendere atto che prima di far parte della Compagnia, della Cvx, ecc, facciamo parte della famiglia ignaziana: nessuno di noi può ritenersi profondamente ignaziano se non è unito agli altri ignaziani. E, in tema di sinodalità, non è, questo, un orizzonte che ci fa sperimentare qualcosa di più universale e quindi più divino come diceva Ignazio? Che ci fa essere più Chiesa?