Myanmar, la forza della fede (Gentes, 10/2007)
Myanmar, dove la fede è più forte della repressione militare
Un viaggio surreale alle radici della tragica vicenda che scuote l’ex Birmania sull’onda delle proteste pacifiche condotte dai monaci buddisti e dagli attivisti che non si rassegnano alla dittatura militare che dal 1988 regge l’ex colonia britannica. Dalla clamorosa azione dei rappresentanti della religione ufficiale alla piccola grande opera missionaria dei gesuiti, dietro la cortina birmana la fede tiene accesa la speranza in una prossima liberazione di uno dei popoli più poveri e sfortunati del mondo.
La questione del nome: da Birmania a Myanmar, ma le minoranze restano escluse
Il Myanmar racchiude in sè un dibattito sia linguistico sia politico-ideologico già a partire dal proprio nome. Infatti fino al 1989 era conosciuto come Birmania. Siccome questa denominazione, essendo legata all’etnia maggioritaria dei Bamar, era come tale sgradita alle minoranze locali, per questo è stata modificata in Myanmar, nome scelto dalla giunta militare per ingraziarsi le minoranze, in quanto presentato come etnicamente neutro. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto il nuovo nome Myanmar, mentre i governi dei Paesi di lingua inglese tra cui Usa, Gran Bretagna, Canada e Australia, usano ancora Burma. Il movimento democratico birmano preferisce Burma perché non vuole legittimare il cambio del nome ufficiale del Paese da parte del regime militare.
I gesuiti in Myanmar
A partire dall’invito della conferenza episcopale del Myanmar al padre Generale nel 1996, l’esistenza dei gesuiti è diventata visibile nel 1998. La maggioranza dei vescovi sono ex alunni dei gesuiti dei primi anni sessanta, quando la provincia del Marilyn aveva l’incarico del seminario maggiore nazionale a Yangon. Ora abbiamo 8 gesuiti della nostra Assistenza impegnati nella guida di due istituti linguistici: uno nella diocesi di Tauggyi (St. Aloysius Gonzaga Language Institute con circa 250 studenti) e uno nel- la diocesi di Yangon (Campion Institute con circa 150 studenti). Anche il nostro noviziato è nella diocesi di Taunggyi. Insieme al lavoro educativo, aiutiamo anche il lavoro di formazione dei preti e dei religiosi offrendo esercizi, seminari e direzione spirituale. Un gesuita insegna Scrittura nel National Theology Seminary in Yangon. Tutto il nostro lavoro è ovviamente mascherato. I visti richiesti dai gesuiti sono tutti visti per businness. Alcuni sono conosciuti come impiegati di certe compagnie come Haifood, che alleva polli e produce prodotti per le galline. Alcuni sono assunti da compagnie produttrici di legname come consulenti dei loro affari. Si devono ricordare i prodotti che trattano nel caso glielo chiedano all’aeroporto. Il lavoro dei gesuiti è in crescita anche se non sappiamo quale sarà il nostro futuro qui. La situazione politica è davvero incerta e la situazione futura è difficile da intuire. Tutto il nostro lavoro, gli istituti, le proprietà, sono registrate sotto i nomi delle due diocesi. Quindi sopravviviamo grazie alla protezione delle diocesi e della conferenza episcopale del Myanmar. Non siamo conosciuti come gesuiti per via della nostra connessione con il JRS. Il governo è a conoscenza del lavoro del JRS in Tailandia. Di conseguenza cerchiamo di non pubblicizzare i nostri nomi, mantenendo allo stesso tempo una buona relazione con i vescovi locali.
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Sommario
EDITORIALE
Birmania, di Massimo Nevola sj
STUDIO
Myanmar, dove la fede è più forte della repressione militare, di Emilio Zanetti sj
- Con i monaci birmani. O no?, di Ettore Masina
- Myanmar: l’appello di Amnesty International per far cessare la repressione
MAPPAMONDO
INVITO ALLA PAROLA
La morte di Haidar Abd al-Shafi, di Ettore Masina
VITA LEGA
Bilancio della Lega Missionaria Studenti al 31/12/2006